Chiesa di Santa Caterina a Formiello

Piazza Enrico De Nicola 47. (Apri Mappa)
(75)

Descrizione


La chiesa di Santa Caterina a Formiello è una chiesa monumentale di Napoli, in piazza Enrico De Nicola, adiacente a porta Capuana ed al Castel Capuano.
Di stampo rinascimentale, si tratta di una delle chiese dalle forme architettoniche più interessanti della città.

L'attuale complesso sorge su di una precedente chiesa dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, vergine e martire, con annesso convento di frati celestini, ed era detta "a formiello" (dal latino ad formis, "presso i condotti; presso i canali"), in quanto nei suoi pressi penetrava in città l’antico acquedotto della Bolla: acquedotto che fu poi totalmente sostituito dall'attuale in uso, quello di Serino, verso la fine del XIX secolo. La chiesa insisteva nella zona limitrofe della città, a ridosso della porta omonima ed entro la nuova cinta muraria aragonese che allargava lo spazio urbano.
Con re Federico d'Aragona iniziava per Santa Caterina una nuova e più ricca storia; egli la concesse nel 1498 ai padri domenicani della Congregazione riformata di Lombardia che edificarono l'attuale edificio sacro e lo tennero, senza interruzione, fino al 1809 quando fu decretata la soppressione del monastero per volontà di Gioacchino Murat.
La chiesa, con chiari influssi toscani, venne iniziata agli inizi del Cinquecento su progetto dall'architetto settignanese Romolo Balsimelli, per poi essere completata nel 1593; il portale ornato con la statua della santa titolare è di Francesco Antonio Picchiatti (1659).
Verso la fine del Seicento la navata subì radicali restauri che tuttavia non ne modificarono le linee rinascimentali originali, ma videro sovrapporsi ad esse decorazioni di gusto più moderno.
Di fronte all'ingresso è posta la monumentale edicola di San Gennaro, di Ferdinando Sanfelice, al cui busto del santo lavorò però Domenico Antonio Vaccaro mentre gli angeli posti in alto sono del padre Lorenzo.
L'interno è a croce latina ad una navata, coperta a botte, su cui si aprono le cappelle (cinque per lato) su base pressoché quadrata coperte da volte a botte, in tal modo il transetto non sporge dal perimetro perfettamente rettangolare della chiesa; il presbiterio è quadrato ed anch'esso coperto a botte.
La chiesa custodisce pregevoli affreschi del Seicento e del Settecento di Luigi Garzi, Paolo De Matteis, Santolo Cirillo, Guglielmo Borremans, Giacomo del Po, Giuseppe Simonelli; accoglie inoltre opere scultoree databili tra il XVI ed il XVIII secolo di Annibale Caccavello, Pietro Benaglia, Giovan Battista Colombo e Matteo Bottiglieri.
La controfacciata presenta l'affresco Martirio di Santa Caterina mentre la volta Nozze mistiche di santa Caterina d'Alessandria, entrambi di fine Seicento ed entrambi del Garzi. Notevole è la cupola, slanciata, con lesene corinzie in piperno e il fondo di colore bianco; cupola che fu definita dal canonico Carlo Celano prima nel suo genere architettonico a Napoli, come scrisse nella guida di Napoli dell'anno 1724: "[...] fu passata in quei tempi per una meraviglia, essendo la prima che fusse stata in questa nostra città: e questa è servita d'esempio all'altre, che sono state fatte appresso [...]". Nel 1712 il lavoro a fresco della cupola fu affidato a Paolo De Matteis: centrale sarà l'affresco della Madonna, santa Caterina e i patroni di Napoli che implorano la Trinità a favore della città.
Il transetto ospita un formidabile apparato decorativo. Nel cappellone sinistro troviamo il maestoso altare di san Domenico, che, su disegno di Ferdinando Sanfelice, fu realizzato da Lorenzo Fontana tra il 1715 e il 1717, e che ospita una tela di Giacomo del Po raffigurante san Domenico sconfigge gli Albigesi. Nel cappellone destro un'apoteosi di alabastro e marmi dà vita alla Madonna del Rosario tra santa Caterina da Siena e san Domenico, opera attribuita al romano Paolo Tenaglia, su progetto di Carlo Schisano (1736). Fu durante i lavori al nuovo altare che le urne dei martiri d'Otranto furono ivi ritrovate e traslate sotto l'altare della seconda cappella a sinistra. La lettura teologica che può essere avanzata sul gruppo scultoreo della Madonna del Rosario fa sì che la stessa scena ricordi la vittoria definitiva delle truppe cristiane sugli ottomani nella famosa battaglia di Lepanto, con la Madonna che intercede presso il figlio perché fermasse l'avanzata dei turchi impedendo in questo modo l'islamizzazione dell'Europa. Sulla cantoria lignea intagliata del braccio sinistro del transetto, si trova l'organo a canne della chiesa, costruito nel 1718 dall'organaro napoletano Giuseppe de Martino. Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica originale, ha una tastiera di 45 note con prima ottava scavezza. Lo strumento è inserito all'interno di una ricchissima cassa dorata e intagliata, con la facciata costituita da una grande serliana con varie decorazioni.
L'area presbiterale venne concessa alla famiglia Spinelli, principi di Cariati, che vollero allestire un'elegante quinta marmorea, scenograficamente disposta ai lati dell'altare. Nel presbiterio, che funge di fatto quasi da cappella degli Spinelli, si osservano l'altare maggiore e sei monumenti sepolcrali del XVI secolo.
Il coro ospita preziosi stalli lignei del 1566, opera del celebre maestro lombardo Benvenuto Tortelli, affrescato da Nicola Maria Rossi.
Cappella della famiglia Tocco (o degli Innocenti)La nascita e l'attribuzione della cappella alla famiglia Tocco, di origini longobarde, è documentata dallo stemma nobiliare posto sul pavimento e dalla data incisa, recante l'anno 1554. Nella cappella vi sono monumenti funebri di una famiglia patrizia napoletana ed una pittura della seconda metà del Cinquecento, tra cui una Madonna con Bambino e santi Giacomo Maggiore e Minore, prima opera documentata di Francesco Curia. La cappella è anche chiamata "degli Innocenti" perché vi era custodita la tavola quattrocentesca di Matteo di Giovanni della Strage degli innocenti, oggi al museo di Capodimonte.
Cappella dei domenicaniLa cappella è legata al domenicano Vincenzo Maria Orsini, vescovo di Benevento nel 1686, poi papa nel 1724 con il nome di Benedetto XIII. Il legame con i domenicani di Santa Caterina era forte tant'è vero che nel convento vi erano sale destinate unicamente ad ospitare il vescovo durante i suoi soggiorni a Napoli. Oltre alle reliquie di San Vincenzo Martire, San Eliodoro Martire, Sant'Innocenzo Martire, nella cappella, ornata nella volta con stucchi in stile barocco napoletano, vi è anche un dipinto del 1732 di Vincenzo Gamba su Papa Benedetto XIII tra i santi domenicani.
Cappella della famiglia de SylvaLa targa tombale datata 1536 posta sul pavimento certifica l'attribuzione della cappella alla famiglia portoghese dei de Sylva. Dal 1698 il proprietario de Sylva avviò dei lavori di abbellimento della cappella commissionando tre grandi dipinti di Giuseppe simonelli quali La predica di San Giacomo, San Giacomo in gloria ed il Martirio di San Giacomo ed una tavola centrale raffigurante San Giacomo tra i santi Giovanni e Pietro, della scuola di Silvestro Buono.
Cappella della visitazione (o dei martiri d'Otranto)La cappella, un tempo dedicata alle storie della Vergine, oggi è interamente dedicata ai martiri d'Otranto custodendo sotto l'altare in marmi policromi, 240 reliquie appartenenti ai martiri della città pugliese, uccisi decapitati dai turchi il 14 agosto del 1480 per non aver rinnegato la propria fede. Alfonso d'Aragona trasferì così i corpi dei martiri a Napoli prima nella chiesa della Maddalena (divenuta poi chiesa di Santa Maria dei Martiri) poi nel 1574 nella chiesa di Santa Caterina a Formiello. Le reliquie furono collocate prima sotto l'altare del Rosario, nel transetto di destra, per poi trasferirle nella "cappella dei domenicani" nel 1739. Dal 1901 le reliquie dei martiri (alcuni sono crani pressoché integri) hanno trovato definitiva custodia in un grande sarcofago posto sotto l'altare della cappella della visitazione, visibili alla pubblica devozione, soprattutto dopo la recognitio canonica effettuata tra il 2002 e il 2003, che ne ha ribadito l'autenticità.
Cappella di Santa Caterina d'AlessandriaLa cappella è da sempre stata dedicata a santa Caterina d'Alessandria e fu interamente decorata da Giacomo del Po che eseguì per la stessa sia il ciclo di affreschi che le pitture: Madonna col Bambino e angeli, Santa Caterina che rifiuta di sacrificare agli idoli, La Santa che disputa con i savi e La decollazione di Santa Caterina. La cappella, così come tutta la chiesa in generale, riporta sia dei simboli domenicani (colori bianco e nero, un cane adagiato su di un libro che porta in bocca un rotolo) sia dei simboli che richiamano la vita di santa Caterina d'Alessandria (una spada, una ruota uncinata spezzata e una testa mozza coronata).
Cappella San GiacintoLa cappella è dedicata al santo domenicano Giacinto. Sulle pareti sono posto dipinti firmati e datati 1797 di Angelo Mozzillo: San Giacinto mentre salva la statua della Madonna e l'ostensorio, San Giacinto che ascende al cielo, San Giacinto mentre indica ai fedeli la fede ed una Madonna col Bambino e san Giacinto.
Cappella della famiglia de CastellisLa cappella presenta nelle maioliche del pavimento, datate 1576, ed al centro dello stesso, lo stemma della famiglia de Castellis. La cappella, interamente dedicata alle storie della vita di Gesù, ospita un pregevole dipinto di Silvestro Buono su l'Adorazione dei Magi (1597), una tavola di anonimo su Santa Caterina da Siena, due dipinti di Paolo De Matteis del 1711 raffiguranti la Fuga in Egitto e La circoncisione, infine, sulla volta. sempre del De Matteis, un affresco che ritrae Angeli in gloria in paradiso.
Cappella della PentecosteLa cappella ospita lavori di Paolo De Matteis databili intorno al 1712. A lui spetta infatti il ciclo decorativo sulla Trinità, e le tele Discesa dello Spirito Santo su san Filippo e la Discesa dello Spirito Santo sui domenicani. Sull'altare maggiore invece vi è una tavola cinquecentesca sulla Pentecoste.
Cappella della famiglia Acciapaccia (o Tomacelli)La cappella presenta un pregevole pavimento maiolicato ritraente lo stemma della famiglia Acciapaccia, un dipinto sulla Madonna col Bambino di Wenzel Cobergher del 1590 circa, diversi monumenti funebri di inizio XVII secolo, una lastra tombale dedicata a Luigi Acciapaccia (proprietario della cappella dal 1544 fino al passaggio ai Tomacelli), scolpita da Annibale Caccavello nel 1552.
Cappella di san Vincenzo Ferrer e san Pio VLa cappella, dapprima di proprietà della famiglia Raviniano, i cui monumenti funebri sono posti nel chiostro, fu destinata nel corso del Settecento a narrare le gesta di due domenicani: san Vincenzo Ferrer e san Pio V (che divenne papa nel 1566). Di Santolo Cirillo (allievo di Francesco Solimena) sono invece gli affreschi che decorano l'intera cappella rappresentanti scene sui due Santi e sull'Adorazione verso la croce.
Al 1514 è documentato il chiostro grande, a due ordini di archi e pilastri di forme mormandee (si vedano i tipici capitelli ionici) eseguito da Antonio Fiorentino della Cava; nell'Ottocento - dopo la soppressione dell'ordine dei domenicani voluta da Gioacchino Murat nel 1809 - il monastero ed i chiostri sono stati adibiti a Lanificio militare con vaste alterazioni del disegno originario (tompagnature di arcate, copertura del chiostro piccolo affrescato) e costruzione di strutture (ciminiere, padiglione nel chiostro grande) che hanno però formato in pieno centro cittadino un singolare monumento di archeologia industriale.
Uno studio è in corso per il recupero di parte o di tutto il complesso monumentale, attualmente parcellizzato tra innumerevoli piccole aziende private.
Un saggio scritto dal domenicano Giovanni Ippolito afferma che dal 1611 è esistita una farmacia storica tra gli ambienti del complesso di Santa Caterina a Formiello. Il primo padre che la curò fu un certo fra' Donato d'Eremita, così rinomato da far scrivere ad un suo confratello appena cento anni dopo: questo accorrere era così numeroso che sembrava che nessuno si potesse sanare se non gli fossero stati somministrati i medicamenti della spezieria di Santa Caterina a Formello per mano di fra Donato d'Eremita.
L'ingresso al pubblico della farmacia è attualmente accessibile tramite una porticina in legno che si trova a sinistra dell'ingresso del monastero.
Di fianco alla chiesa è sorta la Confraternita del Santissimo Rosario, oggi chiamata confraternita del Santissimo Rosario in Santa Caterina a Formiello, con sede distaccata nella chiesa di san Ciro in via Tribunali.
Al centro della chiesa esiste anche una cripta delle consorelle del Santissimo Rosario, come si comprende da una lapide che si trova al centro della navata principale dove si distinguono chiaramente le sembianze di quattro donne in preghiera con il rosario tra le mani. Scesi nella cripta si possono ancora riconoscere i resti di due scheletri di donne che stringono un rosario tra le mani, una delle quali è posta ai piedi di un altare sormontato da un affresco della Madonna del Rosario.