Chiostro di San Gregorio Armeno

Piazzetta San Gregorio Armeno. (Apri Mappa)
(75)

Descrizione

Il chiostro di San Gregorio Armeno è una struttura monumentale della città di Napoli; è sita nell'omonimo complesso, nel centro storico.
Il chiostro, per secoli negato alla cittadinanza comune, fu aperto a tutti nel 1922 circa, quando la clausura fu abolita.

La precisa data di fondazione della struttura è alquanto sconosciuta, ma, alcune fonti scritte, hanno fatto intuire che il chiostro esistesse già in un periodo anteriore all'XI secolo. In una documento politico, infatti, viene menzionata l'allora piccola chiesetta di San Gregorio Armeno, affiancata da altre tre chiesette. Tutte insieme, collocate a poca distanza le une dalle altre, furono unite per costituire un unico complesso dedicato a San Gregorio Armeno: le cui reliquie furono portate a Napoli grazie alle monache basiliane che sfuggirono alla guerra iconoclasta.
Ai primordi, il chiostro era stato concepito con uno spazio verde rettangolare ed adibito parzialmente ad orto e delimitato da undici archi per dodici. Con i dettami del Concilio di Trento, le suore furono costrette a rimaneggiare l'intero complesso monastico. La prima modifica, riguardò la chiesa stessa, cuore del complesso religioso che, sempre secondo le disposizioni tridentine, doveva essere esterna al convento. Il rimaneggiamento più accurato fu quello che riguardò la struttura in oggetto, poiché il chiostro, costituiva l'unico spazio esterno delle suore, il loro giardino personale che avrebbe dovuto essere, secondo il loro gusto, il più accogliente possibile.
Sotto richiesta della badessa Lucrezia Caracciolo, le opere vennero affidate a Giovanni Vincenzo Della Monica. Sotto consiglio della nobile, per l'edificio in questione, l'architetto ed ingegnere riprese il disegno del chiostro dei Santi Marcellino e Festo: anch'essa sua pregevole opera.
La scelta della badessa, non fu però basata solo su un mero giudizio estetico, ma soprattutto funzionale, poiché il chiostro dei Santi Marcellino e Festo possedeva una rara qualità, ossia quella di rispondere alle esigenze delle suore di dominare, anche solo con lo sguardo, il paesaggio urbano e quello naturale. Cinque belvedere resero meno faticosa la clausura: i due più bassi, ad esempio, sono accanto alla cupola e sull'angolo orientale che fa da sfondo la cupola di San Lorenzo.
Il terremoto del 1930, provocò danni ingenti all'intero monastero e i restauri successivi si rivelarono alquanto deludenti. Il fattore che ha sconvolto gli esperti dei beni culturali, è notare che fu demolita la splendida scala settecentesca che fece posto ai bagni dell'orfanotrofio, a cui era stata destinata parte del complesso religioso.
Il chiostro è caratterizzato da una splendida fontana di controversia attribuzione realizzata per richiesta della badessa Violante Pignatelli e la stessa è affiancata da due statue raffiguranti il Cristo e la Samaritana, opere scultoree di Matteo Bottiglieri. Inoltre, sono ivi presenti decorazioni originali ed aranci.
Il creatore della struttura idrica, rimasto sconosciuto, sempre sotto richiesta della nobildonna, introdusse anche delfini ed altri animali marini, maschere, ecc. tutte figure intrecciate, elemento degno del barocco napoletano, avido di forme e di spazio. Accanto alla fontana, invece, troviamo il pozzo che, assunse tale struttura, solo per coprire il foro dal quale fu estratto il materiale tufaceo per le ricostruzioni.
Altra principale caratteristica del chiostro, sono le reti idriche ideate per usufruire delle acque provenienti dal condotto del Carmignano e quelle piovane, dunque in maniera completamente indipendente. I canali che facevano sopraggiungere l'acqua alle cisterne, vennero collocati su due archi rampanti sollevati tra l'orto e il portico adiacente alla chiesa. Le cisterne furono rivestite da volte a padiglione in lapillo battuto e rese accessibili attraverso una piccola finestra, dalla quale poteva passarci tranquillamente un uomo. Il pozzo che raccoglieva le acque piovane, invece, fu posizionato lungo l'asse orientale. Ben 135 scalini conducevano ai cunicoli dell'acquedotto e a numerosi depositi ricavati negli ambienti sottostanti.
Il chiostro è formato da numerosi altri ambienti, come ad esempio la farmacia e il forno (convertito poi a refettorio per le orfanelle, nel XVIII secolo). I lavori che furono effettuati dopo il 1664, sotto direzione di Francesco Antonio Picchiatti, modificarono sensibilmente la struttura del chiostro, riducendo sensibilmente le sue dimensioni; infatti, fu costruito il refettorio al piano terra, mentre le celle occuparono il piano sovrastante. Nel cortile di servizio vi si trovavano diciassette cucine, il che ha fatto intuire quanto le religiose tenessero ad ogni comodità: come ben spiega Enrichetta Caracciolo che visse, per ben sette anni, all'interno del complesso, non come donna religiosa, ma come laica; ella pubblicò le sue memorie intitolate I misteri del chiostro napoletano:.
,,Dal chiostro si accede a due cappelle, in una delle quali si conserva una tela di autore ignoto che raffigura L'Adorazione della Vergine. Nell'altra, la Cappella dell'Idria (unico reperto del convento medievale, sebbene ridecorato nel XVIII secolo), sono presenti diciotto dipinti di Paolo De Matteis sulla Vita di Maria. Sull'altare maggiore, inoltre, campeggia l'icona orientale della Madonna dell'Idria. La struttura è l'unico reperto del convento medioevale.
Sulla sinistra dell'ingresso si accede al Coro delle monache e da qui al cosiddetto Corridoio delle monache, attraverso il quale le fanciulle che prendevano i voti portavano in dote opere d'arte quale segno di devozione. Sempre in uno degli ambienti interni, c'è Il "Salottino della Badessa in puro stile rococò.